Il Partito Democratico alla fine? No, un nuovo inizio

Il 19 Aprile 2013 resterà nella storia italiana come il giorno più “tragico” di uno dei più grandi partiti italiani, il Partito Democratico; un partito che forse ha l’aria ancora di una fusione a freddo che avvenne tra DS e DL, una fusione che forse ha lasciato inalterato forse le vecchie strutture dei due partiti unendole in uno sono.

La sera del 19 tutti hanno parlato di “tragedia”, e per questo anch’io uso questo termine, per una serie di avvenimenti: il padre fondatore Prodi è stato affossato durante l’elezione del Presidente della Repubblica, Rosi Bindi si è dimessa da presidente del partito, Bersani ha annunciato le dimissioni da segretario dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica; è vero questi avvenimenti fanno vedere una lacerazione, una spaccatura, una situazione di estrema debolezza. Dall’altra parte i diretti avversari del Partito Democratico gongolano, ridono e festeggiano; anzi si preparano a ergersi come gli “unici” che sono uniti, che hanno idee e che hanno una guida.

Non posso certamente nascondere che anch’io sono rimasto sconcertato da questi avvenimenti, e sono rimasto attaccato a TV, Internet e Social Network per capire e comprendere meglio cosa stava succedendo.

La deflagrazione del Partito Democratico credo parta ancora dal suo interno, nel senso dal profondo del partito, parte dal fatto che il partito si sta ancora evolvendo, sta piano piano cambiando pelle, sta cercando di maturare ma purtroppo alcuni retaggi del passato rimangono ancora.

I retaggi li vedo ancora nel fatto che il Partito sembra un insieme di correnti, vere o false che siano, che qualche eletto democratico (a tutti livelli) si identifica con una persona del partito e non nelle idee, che quando succede quello che è successo ieri tutti si nascondono dietro “è colpa loro” e pochi si assumono le responsabilità (oggi Bindi e Bersani se le sono assunte); retaggi del passato sono anche i concetti del “se non vinco io, piuttosto perdiamo entrambi“, quindi pensare prioritariamente alla propria posizione e non a quella che sia la migliore.

Il Partito Democratico deve crescere anche per quel che riguarda le primarie, e non perché io votai Renzi, ma perché se il Partito Democratico indice primarie, deve dare:

  • un minimo di base comune e una partenza uguale a tutti
  • le strutture organizzative a disposizione di tutti
  • il non schieramento della dirigenza per uno dei contendenti
  • il confronto tra i candidati deve avvenire tra questi, non con dichiarazioni di dirigenti simpatizzanti dell’uno o dell’altro.

Il Partito Democratico è una grande intuizione, una grande idea, un grande progetto; un Partito che deve guardare avanti e che deve essere capace di trasformarsi, un partito che sia in grado di parlare al Nord come al Sud, al giovane come all’anziano, all’operario come all’industriale; un Partito che metta da parte le proprie correnti e simpatie interne ma che sappia ascoltare tutti, un Partito talmente democratico che se qualcuno dissente non deve essere visto come uno “sfasciatore”, additato e processato; un Partito che faccia il Partito e che sia interlocutore verso tutti, un Partito che non può e non deve essere visto come rappresentante politico di un sindacato specifico, ma di tutti i sindacati e di tutte le organizzazioni economiche Italiane.

All’inizio parlavo di “tragedia”, ma per me non è una tragedia, non lo è perché se il 19 è stato una Caporetto come nel 1917, ora bisogna trovare un nuovo generale, una nuova classe dirigente e dei nuovi giovani (come lo furono i ragazzi del 1899 nella Grande Guerra) che permetta al Partito Democratico una nuova fase, una nuova evoluzione; serve una nuova linea che permetta al Partito Democratico di ritornare ad essere autorevole e non lo zimbello del Parlamento, un Partito che metta in risalto la propria forza delle idee (e non solo degli uomini) e che metta in luce le contraddizioni del propri antagonisti, un Partito che permetta ai propri iscritti ed elettori di guardare fieri negli occhi chi ha votato Pdl, Lega, M5S, SC e altri entrando in un confronto serrato, e sempre civile, dove si confrontano le idee e non le ideologie, un Partito Democratico che se non oggi, ma domani 21 Aprile, possa essere determinante alla elezione del Presidente della Repubblica … perché domani? Perché domani è il compleanno di Roma, della città eterna, noi siamo nati il 21 Aprile 753 AC, se il mondo occidentale ed avanzato è quello che è oggi, è perché tutti partì da quel 753 AC.