Questo giorno si sta chiudendo, sono le 23.00, e finalmente mi accingo a scrivere, manifestare e ricordare quello che questo giorno mi ha riportato alla mente.
Era il 24 Agosto del 2003 quando, durante una tappa della ciclabile sul Danubio, io e i miei compagni di viaggio ci fermammo in una città che fino a quel momento era stato solo un nome, una cittadina austriaca; una città che però aveva nel suo nome un “peso” che la storia recente le aveva affibbiato … Mauthausen.
Dopo una lunga e ripida salita arrivammo con le nostre biciclette dinnanzi l’ingresso di questo posto, un posto che entrava in contrasto con tutto quello che c’era intorno, dalla sommità di quella collina si vedevano prati verdi, si vedeva la pianura, si vedeva la città sottostante, il cielo era terso e limpido; un cielo talmente limpido che non poteva far presagire cosa ci potesse essere dietro a quei cancelli. Passato il portone d’ingresso si è aperto un immenso piazzale, sembrava di essere nel deserto … sembrava un deserto perchè della struttura del campo di concentramento erano rimaste poche baracche, mentre le strutture in muratura c’erano tutte. Per la prima volta varcavo l’ingresso di un campo di concentramento, per la prima volta stavo camminando sulle stesse strade dove tante persone sono entrate e mai uscite; come scrissi la giornata era limpida ma dentro di me c’era un animo molto cupo, quasi di terrore nel pensare cosa fosse successo in quei luoghi.
Sconvolgente è stato vedere le baracche, vedere la camera a gas, vedere i forni crematori … allo stesso modo rimasi colpito dal museo che vi era all’interno, i barattoli dove era contenuto il gas tossico, gli oggetti delle persone che avevano varcato quei cancelli, le foto, le valige e i ricordi che li sono rimasti per sempre e che mai nessuno ha più reclamato.
All’interno del campo, negli anni, sono stati costruiti tanti ceppi per ricordare i tanti uomini e donne che sono transitati per quel campo e che da cui in pochi sono usciti; il campo di Mauthausen ha un collegamento anche con Legnano, li furono deportati alcuni dipendenti della Franco Tosi che vennero prelevati dalla fabbrica nel Gennaio del 1944 … sono andato a cercare il ceppo che ricordava questi miei “concittadini” e li mi sono fermato in silenzio, un silenzio carico di tristezza che stonava con i campi verdi che vi erano intorno.
19 Agosto 2008, Gerusalemme, Yad Vashem … il museo della shoah, in quell’occasione, a causa del poco tempo a disposizione facemmo una visita solo all’esterno di questo mausoleo, ho visto:
- il “giardino dei giusti”,
- il vagone ferroviario su cui gli ebrei erano avviati ai campi di concentramento,
- la fiamma che brucia perennemente a ricordo dello sterminio degli ebrei,
- il mausoleo che ricorda le vittime più piccole, i bambini e le bambine che furono uccisi nei campi … una voce legge continuamente: nome, cognome, età e luogo di nascita … ci vogliono più di due anni e mezzo per scandire tutti i loro nomi.

La visita all’intero complesso lo feci però 8 Settembre 2010 quando ritornai a Gerusalemme, in quell’occasione feci la visita anche al museo interno … la cosa che mi ha sconvolto è stato vedere dal vivo il drappo rosso con la svastica nel centro, il vedere davanti agli occhi l'”originale” emblema del nazismo mi ha veramente turbato; mi ha turbato forse ancora di più che leggere tutte le didascalie illustrative presenti nel museo …

Oggi 27 Gennaio tutti quei ricordi mi sono venuti alla mente, come la consapevolezza che è bene che nella propria vita, almeno una volta, si possa andare a vedere cosa erano i campi di concentramento; forse è bene che tutti coloro che anche oggi stillano: odio, razzismo, egoismo vadano a vedere cosa erano i forni crematori (e magari poi evitano di fare battute stupide).
Io invito tutti, specialmente chi ha responsabilità pubbliche a recarsi a vedere almeno uno di questi campi di concentramento, per vedere a che punto l’odio umano può arrivare, e a capire come scriveva Primo Levi “se questo è un uomo”.
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.