Vi riporto lo stralcio di un articolo che sarà presente sull’ultimo numero di Polis che sarà distribuito a breve; l’articolo mette sotto i riflettori il gruppo AMGA e tutte le società partecipate. Buona lettura
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Amga non è più la gallina dalle uova d’oro
Note dolenti dalle altre aziende partecipate
Ex municipalizzata: i numeri della “galassia”. Il fatturato aziendale è sceso in un anno da 148 milioni di euro a 60 milioni. Ci saranno ripercussioni sul futuro societario? Ci sono spazi per nuovi business? Interrogativi che attendono risposte, chiamando in causa anche i precedenti amministratori.
Sino a qualche anno fa lo stato di salute di un ente locale veniva misurato guardando in via quasi esclusiva alle condizioni del suo bilancio. Le società esterne nelle quali l’ente deteneva quote di partecipazione erano considerate come soggetti autonomi che, nel migliore dei casi, aiutavano il Comune nella gestione dei servizi e nella “quadratura” dei bilanci attraverso i propri dividendi; nel peggiore, facevano vita autonoma senza incidere sulla stabilità della finanza pubblica. Si tratta di uno scenario che coincide con quello che ha caratterizzato il nostro Comune negli ultimi decenni. Per Legnano, Amga è sempre stata la gallina dalle uova d’oro; nell’immaginario collettivo la società – da sempre partecipata maggioritariamente dal Comune di Legnano (attualmente la quota di partecipazione è al 65%) – è stata vista come un’azienda ricca, efficiente, in grado di dare lavoro, offrire servizi, generare utili e risorse per la comunità locale.
Agli occhi dei legnanesi le altre partecipazioni societarie sono state spesso considerate come funzionali a gestire gli specifici servizi assegnati: Legnano Patrimonio per la dismissione degli immobili; Euroimpresa quale agenzia di sviluppo locale; Euroimmobiliare e Tecnocity per la gestione del polo tecnologico di via XX Settembre; Accam per lo smaltimento dei rifiuti; Ianomi per la gestione delle reti-acqua; Atinom per i trasporti. A queste aziende non è mai stato chiesto di generare liquidità e di contribuire a garantire gli equilibri di bilancio del Comune; si è però sempre pensato che esse potessero gestire in modo adeguato i diversi servizi affidati e che, se proprio non avessero prodotto utili, di certo non avrebbero generato debiti.
Da alcuni anni a questa parte, complice la crisi finanziaria, il quadro generale delle partecipazioni societarie degli enti locali ha iniziato ad assumere connotati meno positivi. E puntualmente, anche per Legnano sono arrivate le note dolenti.
I bilanci degli ultimi anni si sono chiusi, per molte società legnanesi, con numeri per nulla positivi. Guardiamo al 2012. Legnano patrimonio è stata messa in liquidazione a fine anno non per scelta ma per obbligo di legge a fronte della erosione del capitale sociale (la scelta avrebbe dovuto essere assunta già dalla Amministrazione comunale di Vitali, che molto probabilmente, per non rischiare contraccolpi elettorali, ha preferito evitarla: oggi l’azienda detiene un pesante debito di quasi 5 milioni verso Banca di Legnano); Euroimpresa ha chiuso il 2012 con un passivo di oltre 200mila euro; per Euroimmobiliare il rosso è di “soli” 70mila euro; Accam è in grave difficoltà e rischia di chiudere entro pochi anni; anche Atinom è stata messa in liquidazione. L’unica società partecipata che sembra vivere in una situazione finanziaria non negativa è Ianomi, incorporata in Cap Holding nella quale la partecipazione del Comune di Legnano è però limitata al 2,1%.
E poi c’è Amga. Come sta la nostra principale azienda? A fine aprile il vecchio Cda se ne era andato e la presidente Lazzarini aveva pubblicamente affermato di lasciare “un’azienda efficiente e sana”. Nessuna replica era venuta a queste affermazioni da parte dell’Amministrazione comunale che però, alcuni mesi prima, aveva chiesto le dimissioni della presidente, espressione del centrodestra. A cosa era dovuta quella improvvisa “uscita”? E il silenzio che ad aprile ha accompagnato la sostituzione del Cda che ragioni ha avuto? E a cosa prelude questo ulteriore silenzio del nuovo presidente Nicola Giuliano e del nuovo Cda, che dal momento dell’insediamento a oggi (scriviamo a metà giugno) ha centellinato le proprie dichiarazioni e uscite pubbliche? E dunque: siamo di fronte a un’azienda davvero efficiente o siamo alla quiete prima della tempesta? Quale sarà il futuro di Amga?
Partiamo intanto da alcuni dati certi. Il “fatturato” dell’azienda – dopo la vendita del ramo gas (scelta volontaria dell’Amministrazione di Lorenzo Vitali) e quella del ramo acqua (scelta imposta dalla legge) – si è ridotto dai 148 milioni di euro del 2011 ai 60 milioni del 2012. Il bilancio di Amga oggi “pesa” sostanzialmente quanto quello del Comune, mentre fino a qualche tempo fa era di 2,5 volte superiore. Ciò implica un effetto negativo: Amga ha compresso le proprie possibilità di “fare cassa” e quindi ha considerevolmente ridotto la propria tradizionale capacità di supportare gli enti-soci – Legnano in primis – con liquidità immediate e anticipazioni molto utili in questi tempi di ristrettezze economiche. Oggi, soprattutto dopo la vendita della società del gas, i margini di flessibilità dell’azienda sono cambiati, purtroppo in peggio.
Altro dato negativo è quello relativo ai debiti a breve (finanziari e operativi), che evidenzia un indebitamento dell’azienda superiore ai 100 milioni. A questa cifra, enorme, si potrà far fronte solo attraverso un’attività economica e imprenditoriale che, sull’arco di un periodo medio-lungo, possa consentire all’azienda, se non proprio di generare utili, almeno di reperire risorse adeguate a far fronte agli impegni assunti.
È così? Possiamo ritenere che Amga, o meglio le sue partecipate, siano in grado di sviluppare redditività adeguata a rispondere in modo efficace verso tutti i debiti contratti? La risposta non potrà che arrivare nelle prossime settimane. La riservatezza che ha accompagnato l’attività della Giunta verso le partecipate negli ultimi sei mesi; l’assenza di repliche alle dichiarazioni della presidente uscente; la volontà del nuovo presidente di lavorare “a testa bassa” sui numeri ereditati e sulla situazione interna; tutto ciò lascia presumere che a breve avremo qualche importante novità (s’è visto qualcosa con l’annunciata “operazione trasparenza”). La nostra speranza è che queste novità abbiano un segno uguale a quello lasciato dalla presidente Lazzarini, ma il dubbio che non sarà così è purtroppo fortissimo. E questo timore nasce da una ricognizione più approfondita della galassia Amga.
Come è noto, Amga non è costituita da un’unica società, ma da un insieme di società specializzate su una pluralità di servizi. Vediamole.
La prima: Aemme Linee Energia (la società del gas) è stata ceduta all’80% e sembra che il nuovo socio di maggioranza abbia attivato un contenzioso per oltre 4 milioni di euro. Se la notizia fosse fondata, se l’azione attivata fosse vincente, Amga rischierebbe di perdere anche la quota di partecipazione minoritaria e, con essa, le residue capacità di cassa che la gestione del gas aveva saputo garantire in passato.
La seconda: Aemme Linea Ambiente (gestione igiene urbana) ha dei buoni fondamentali economici, ma la natura del settore – legata alla logica tariffaria in cui la copertura dei costi è legata ai tributi posti a carico dell’utenza – non consente di far leva su quest’azienda per il rilancio della società. Si aggiunga che alcuni importanti investimenti ipotizzati (quali ad esempio il nuovo impianto dell’umido in via Novara) a causa della mancanza di liquidità rischiano di rimanere al palo con grave danno per l’azienda e la collettività.
La terza: Aemme Linea Distribuzione (gestione delle reti del gas) è forse l’unica azienda che, dopo gli ammortamenti, conserva risultati positivi nella gestione ordinaria. Ma le prospettive del ramo-gas non consentono di affidare solo a questa linea di business il futuro dell’azienda.
La quarta: Amga Service dovrà essere scorporata per dare attuazione – con anni di ritardo rispetto alle indicazioni normative – all’obbligo di separare la gestione dei servizi strumentali da quelli pubblici. La natura dell’azienda, che sarà per l’appunto di servizio agli enti locali, non permette però di affidare a questo ramo d’azienda il compito di generare margini finanziari rilevanti.
La quinta: Amga Sport ha chiuso con un passivo di circa 350mila euro. Occorre al più presto intervenire anche sotto il profilo della composizione societaria.
La capogruppo, dal canto suo, Amga Spa, gestisce direttamente teleriscaldamento, parcheggi, tributi e altri servizi minori. Il risultato della gestione presenta una marginalità ridottissima e in prospettiva alcune linee di business andranno ripensate. Ad esempio il piano industriale del teleriscaldamento va ridefinito al fine di consentire la produzione di adeguati flussi di cassa che consentano da un lato di ripagare l’ingente debito generato dagli investimenti sostenuti per la realizzazione della rete, e dall’altro di rilanciare il teleriscaldamento quale fonte di energia meno inquinante. Ci sono poi alcune partecipazioni secondarie (Amtel, Euro.Pa) che non generano margini e delle quali varrebbe la pena capire l’effettiva utilità.
In conclusione: l’Amga ereditata dalla nuova Giunta Centinaio non sembra per nulla navigare in buone acque. Riuscirà il nuovo presidente a liberare il campo dai nostri timori? O, viceversa, li confermerà? E in questo caso: quali saranno gli esiti?
Non dimentichiamo che Amga, insieme a Franco Tosi/Gammon, è oggi una delle aziende più importanti del territorio anche a livello di dipendenti…
E può un’azienda che ha più che dimezzato il proprio fatturato conservare intatta la dirigenza che la governava prima del ridimensionamento? Ci sono altri costi improduttivi che vanno tagliati? Il neo-presidente, insieme all’amministratore delegato, si sono ridotti del 20% le indennità: può bastare?
Esistono altre linee di business sulle quali investire per rilanciare l’azienda? Sono questi i principali interrogativi a cui è doveroso fornire chiare risposte.
La speranza è che esse arrivino rapidamente.
L’auspicio è, d’altronde, che non siano solo di segno negativo.